22 Maggio Giornata Mondiale della Biodiversità
La Giornata mondiale della biodiversità è stata istituita dalle Nazioni Unite il 22 maggio 1993, per ricordare l’adozione della Convenzione sulla Diversità Biologica, un trattato internazionale per tutelare la diversità biologica, stipulato l’anno prima.
Eravamo già in ritardo nel comprendere questa necessità 28 anni fa, ora dobbiamo proprio sbrigarci.
Cos’è la biodiversità?
La biodiversità è l’intreccio e la sinergia tra le diverse specie viventi.
Attualmente le specie catalogate si aggirano intorno ai 1.75 milioni, mentre il valore di quelle esistenti non lo sappiamo per certo, le valutazioni oscillano tra i 5 milioni ed i 111 milioni. Perchè queste cifre sono così lontane tra loro? perchè l’86% delle specie viventi neanche le conosciamo. Prendiamo i lombrichi per esempio, quando abbiamo capito che i lombrichi da compostaggio creano un humus particolarmente indicato alle nostre verdure è stato classificato il “lombrico rosso californiano” che si è scoperto in seguito essere composto da due razze troppo simili tra loro per essere identificate dai non addetti ai lavori, dopodichè, ohibò, si sono accorti che almeno un’altra specie di lombrichi fa parte della stessa famiglia, e saliamo a 3 specie che credevamo fossero una sola…
Considerate, poi, che si ipotizza che sia stato catalogato meno dell’1% dei batteri esistenti… come valutare allora da cosa è composta la biodiversità?
La biodiversità non è il numero di specie, anzi è composto da una sola entità: il rispetto del nostro pianeta, nelle sue infinite sfaccettature.
Perché la festeggiamo
Fare informazione ed azione diretta in questa giornata significa riconoscere patrimonio naturale della Terra, messo alla prova dai cambiamenti climatici, dal disequilibrio di specie invasive in habitat a loro estranei, dalla perdita degli habitat a causa della deforestazione e dei consumi non sostenibili. Significa riconoscere quali conseguenze potrebbe avere sulla vita del pianeta e dell’uomo la perdita di biodiversità.
Perché parliamoci chiaro: ogni specie che scompare per colpa nostra è come uno schiaffo che ci diamo da soli.
L’evoluzione non si è mai fermata, e le specie sono cambiate nei millenni, allora perché l’estinzione degli animali e delle piante ci dovrebbe preoccupare?
Noi non stiamo “distruggendo il pianeta” noi stiamo distruggendo il nostro habitat ideale.
Prima o poi la terra si scrollerà di dosso l’essere umano come una foglia secca, se solo pensiamo che la terra esiste da circa 4,5 miliardi di anni, e solo 2.1 milioni di anni fa l’Homo Abilis usava i primi utensili, cominciamo a chiarire che non è la terra a morire, ma il nostro habitat, che nello scempio naturale che stiamo facendo scompaiono non solo delle specie, ma anche i loro ecosistemi, come è successo a causa di meteoriti e catastrofi naturali prima di noi, e che quando la terra proseguirà il suo viaggio sarà senza di noi.
A differenza di uno tsunami, delle lumache o di un virus, noi siamo però consapevoli che le nostre azioni hanno delle conseguenze, e ci stiamo correggendo, abbiamo capito che dipende da noi e che possiamo rimediare.
Cosa possiamo fare?
Qui il ruolo dell’Italia diventa cruciale, nella nostra penisola sono custodite tante di quelle varietà da convincere addirittura i potenti a non utilizzare OGM transgenici o exogenici nel nostro paese. La realtà dei fatti è che nelle nostre piante selvatiche ci sono gli antenati delle verdure comuni e se qualcosa andasse storto con qualche OGM nel mondo e si perdessero per sempre delle varietà orticole, per molte di loro si ripartirebbe proprio dall’italia per selezionarli di nuovo.
Molto si sta muovendo, si comincia ad esempio a parlare di restauro degli ecosistemi, dove l’Italia è promotrice del preservare, coltivare ed allevare, specie autoctone, come la capra Girgentana dalle lunghe corna, ma anche la pera cocomerina, le giuggiole ed il corbezzolo.
In questo la CSA dà il suo piccolo contributo, proponendo verdure e frutta dimenticate, che sono fondamentali per mantenere l’equilibrio ecosistemico dei nostri campi, per ridurre gli interventi di fertilizzazione e disinfestazione. Avere tante varietà particolari è una sfida da gestire per i nostri mangiatori. All’assemblea sul piano colture invernali tenutasi il 16 Maggio scorso 2021 si è affrontato questo discorso: ad alcuni dei nostri fruitori stufano i sapori sin troppo particolari, altri però sono felici della presenza di queste varietà, sia dal punto di vista nutrizionistico che ecologico. Si è giunti quindi ad un compromesso: diminuiremo per il 2022 le quantità distribuite delle verdure fuori dal comune ma senza toglierle. Se qualcuno non mangia volentieri il daikon o il cavolo rapa è invitato ad usare le cassette di scambio per regalare quello che non consuma volentieri ad altri soci o a trovare fruitori disposti al baratto.
Questo è un piccolo sforzo che ci proponiamo per portare avanti il rispetto verso le specie non commerciali, per far assomigliare il campo più ad un prato variegato e multicolore, che alla catena di montaggio industriale.
La biodiversità non è solo cosa coltiviamo, ma anche come coltiviamo, cambiando l’approccio antropocentrico in cui tutto è per noi, cambiando l’approccio antropocentrico in cui tutto è per noi ed affrontando ogni scelta con uno sguardo etico più alto del concetto stesso del biologico; ossia, cercando di ridurre patogeni, infestanti e parassiti senza sterminarli. Anche la dorifora insomma “ha dà campà” ed invece di irrorare pesticidi organici, noi schiacciamo gli insetti, così facendo ne riduciamo il numero di esemplari (pace all’anima loro), ma non sterminiamo un’intera specie, la cui assenza creerebbe un disequilibrio nell’habitat.
Dare forza a questi progetti è fondamentale, supportare chi fa agricoltura sostenibile è necessario, favorire la fioritura delle piante spontanee in un pezzetto dei nostri giardini è altamente consigliato…
…che tutti noi si vada sui campi ogni tanto a dare una mano e godersi la biodiversità è il primo passo!
Buona Bioresistenza a tutti, tutte e tutto!